Soul food: che cosa è? Te lo racconto!
- Ilaria Vitale
- 26 set 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 29 giu

Il mio primo viaggio soul...food
Ci sono storie che ti si attaccano addosso. Magari non sono propriamente le tue storie, ma per diverse ragioni ti passano attraverso il cuore e lì trovano un posto sicuro dove restare.
Per me il soul food è stato così.
Negli anni 90 vivevo ad Augusta, Georgia, USA. Avevo 16 anni, poi 17. Il mondo era diverso dalla mia Bologna ed era anche diverso da quello che mi aspettavo dopo aver vissuto gli anni televisivi di Beverly Hills 90210, Melrose Place, i Robinson (che si chiama in realtà The Cosby Show, e il vero nome della famiglia è gli Huxtable) e un milione circa di film Hollywood style.
C'era solo una cosa che aveva il ritmo perfetto per quello che stavo vivendo, ed era "Georgia on my mind" del re del soul, Ray Charles.
Dall'Italia sono arrivata a Chicago nel 1997. Poi da Chicago sono andata ad Atlanta. Da Atlanta, uno degli aeroporti più trafficati del pianeta, poi, sola ho preso un aereo per Augusta. Il viaggio dentro il soul è partito ad Atlanta.
Non c'era una faccia come la mia in tutto l'aeroporto. Per la prima volta nella vita sapevo perfettamente perché mi sentivo "diversa", una sensazione a cui non ero per nulla estranea, ma che ho sempre fatto fatica a spiegare, lì invece era chiaro: ero l'unica bianca.
Quella sensazione me la sono portata dall'aeroporto a scuola, la Butler High School di Augusta dove tra Asiatici, Caucasici e io arrivavamo scarsi al 30%. Tutto il resto della Butler erano loro, la comunità soul.
I miei compagni di scuola non camminavano per andare a buttare la carta nel cestino, si muovevano al ritmo che avevano in testa. Io, per loro, risultavo alquanto rigida - eppure sei italiana, quindi "grey", non sei "white", you should know how to move girl!
E da lì, la chiesa, il gospel, i cookout, il cornbread e 15 anni dopo, una famiglia soul.
Oggi mi piace raccontare cosa sia il soul food e cucinarlo. Lo cucino al Laboratorio di Antropologia del Cibo, forse l'unico posto in Italia dove si può assaggiare il soul food!
Essere ammessi al soul food
Il soul food è la cucina della comunità afro-americana, come la soul music è la musica afro-americana. Tutto ciò che è afro-americano diventa soul. La ragione che mi sono data è racchiusa in questa frase: "ci puoi togliere tutto, ma l'anima no e noi continueremo a metterla in tutto quello che facciamo".
Questa frase non l'ha detta nessuno di importante, vorrei chiarirlo (lol). Ma è la frase che mi viene in mente ogni volta che immagino una donna afro-americana che cucinava in una casa che non era una cosa in una vita da schiava. Il soul food nasce infatti dal momento in cui alla comunità africana viene tolta l'identità.
10 milioni di persone, forse 15 milioni. Non si sa. Almeno 2 milioni rimasti in fondo all'Oceano. A 2 milioni è stata tolta anche la vita, agli altri, a parte la vita e l'anima, è stato tolto tutto il resto, anche il nome, come testimoniava con rabbia Malcolm X, il cui cognome "X" era l'equivalente di "sconosciuto".
Tornando al soul, se Ray Charles è il re del soul nella musica, chi sarà il re o la regina del soul in cucina? La riposta è fortemente democratica ed è questa: ogni nonna è la regina del soul food della propria famiglia.
Il soul food è un cibo di casa, un cibo di chiesa, un cibo di comunità. Ogni famiglia ha le sue ricette, i suoi segreti.
Quando entri a far parte della comunità, allora sei ammesso al banchetto del soul food e scopri che la cucina più buona del mondo non esiste, esiste solo la cucina che ti fa sentire quel senso di casa. La cucina che fa bene all'anima.
Soul food: ingredienti, metodi e tanta anima
Mangiare soul food è un viaggio che unisce l'Africa, l'Europa e l'America originale, dei nativi americani.
Quando gli Africani arrivarono nelle Americhe era chiaro che i primi con cui condividere il famoso mal comune, mezzo gaudio erano i nativi americani. Grazie a questa "amicizia" nascono una serie di ricette legate al mais e alla farina di mais.
I metodi di cottura utilizzati sono per lo più di origine africana: bollire e sobbollire stufati o simili, la frittura in olio, la griglia, l'affumicatura. Tantissime tecniche di cottura derivano dalle conoscenze africane della comunità e oggi fondano la maggior parte della cucina statunitense.
Ma tante ricette si incrociano anche con i gusti europei e con le ricette europee che venivano date in mano alla comunità afro americana che, a tutti gli effetti, ha costruito la cucina statunitense (e buona parte anche della cucina Sud Americana).
Cosa significa aver costruito la cucina statunitense?
Qualche immagine, anche se sono stereotipi che la comunità afro americana combatte da sempre.
Mammy, di Via Col Vento. Nella piantagione di Tara, era Mammy che si occupava della cucina definendo la cucina degli Stati del Sud degli Stati Uniti.
Aunt Jemima, testimonial dello sciroppo d'acero per anni (oggi finalmente eliminata dalla confezione, perché appunto uno stereotipo razzista) e del mix per i pancake, perché mettere una figura afro-americana sul cibo lo rendeva da un punto di vista di marketing una prova di bontà di quel prodotto.
Stessa cosa per il riso Uncle Ben's (anche qui è stato eliminato dal pack).
La cucina americana si fonda sul lavoro della comunità afro americana e sull'immigrazione. Per definizione, è una cucina "fusion". Le migliori ricette, i sapori sono sempre stati associati alla comunità afro americana. Oggi questo concetto che veniva utilizzato in maniera stereotipata è stato superato, ma resta il fatto che storicamente le ricette statunitensi derivano dalle cucine dove lavoravano gli afro americani.
Il mais
Grazie all'amicizia con i Nativi Americani, la comunità Africana scopre il mais e in particolare la farina di mais, da cui nascono tantissime ricette a base di mais.
Primo tra tutti il vero pane americano, il cornbread. sconosciuto al di fuori degli Stati Uniti. Il cornbread sta agli Stati Uniti come la baguette sta alla Francia, ma a differenza della baguette è una preparazione casalinga e non da bakery!
I pomodori verdi fritti, fatti con la farina di mais che ricordiamo dal film Pomodori Verdi fritti alla fermata del treno del 1991, l'okra fritta con la farina di mais, i corn dogs, i corn pone, gli hush puppies, il mais fritto, le frittelle di mais e tante altre ricette.
Patate dolci
Le patate dolci sono un ingrediente profondamente radicato nella tradizione del soul food.
Il motivo è molto semplice: alla ricerca del tubero africano, lo yam, si imbattono nella patata dolce e lo rendono uno dei loro ingredienti preferiti e identitari.
Economiche, nutrienti e facilmente reperibili, le patate dolci sono diventate simbolo di resilienza e creatività culinaria. In molte famiglie afroamericane rappresentano un comfort food che si tramanda da generazioni, soprattutto nei pasti delle feste come il Ringraziamento o la domenica.
Il loro sapore naturalmente dolce si presta sia a preparazioni dessert che salate, con ricette iconiche come la sweet potato pie, il tipico dolce della domenica o del Ringraziamento della comunità afro americana. I candied yams, patate dolci affettate cotte lentamente in burro, zucchero di canna, cannella, noce moscata e una spolverata di vaniglia. Un piatto dolce servito spesso come contorno, assolutamente presenti per il Ringraziamento.
La Sweet Potato Casserole con Marshmallow, una schiacciata di patate dolci dolcificata e speziata, coperta da uno strato di mini marshmallow che si sciolgono e caramellano in forno.
Esiste oggi un movimento nella cucina soul food verso standard maggiormente salutari e la patata dolce è parte fortemente integrante di questa cultura.
Il pollo
Il pollo, in particolare il fried chicken, è uno dei simboli più riconoscibili della soul food e della cucina afroamericana. Questo ingrediente ha rappresentato per secoli una fonte di sostentamento per le comunità afroamericane, soprattutto durante e dopo la schiavitù, quando le risorse erano limitate ma la creatività in cucina era immensa. Il pollo veniva spesso cucinato la domenica o nei giorni speciali, diventando un piatto celebrativo e identitario, spesso chiamato "the gospel bird", proprio perché era il piatto della domenica.
Marinato a lungo, speziato generosamente e fritto fino a diventare croccante fuori e succoso dentro, il fried chicken è un rito che va oltre la tavola: è memoria, orgoglio e unione. Ma la tradizione afroamericana ha valorizzato il pollo in molti modi, come Jambalaya, simbolo della cucina Cajun, ma anche chicken and waffles, un modo molto comune di mangiare il pollo nel Sud degli Stati Uniti.
E ancora tante preparazioni, dai collard greens, Mac&Cheese, fino al banana pudding, il peach cobbler.
Il soul food è un viaggio di cui poco si conosce in Italia.
E la cucina americana, in generale, è un modo per fare ponte tra tante cucine che mi rappresenta tantissimo.
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